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a cura dello Slai Cobas

Il 25 marzo 1999 l'Alleanza dei 19 paesi piú ricchi e piú evoluti dell'Occidente (NATO) ha deciso di procedere al bombardamento di ció che restava della Federazione Jugoslava. Una guerra non dichiarata e illegale che fa carta straccia del diritto nazionale e internazionale.

L'imperiale utilizzo dei «fini umanitari»...

Sul finire della prima guerra mondiale, Max von Baden, che diverrá cancelliere del Reich, fonda il concetto di «interventismo democratico» e persino di «imperialismo etico».

«Se vuol resistere alle tempeste della democrazia e alla sua rivendicazione di un miglioramento del mondo, l'imperialismo tedesco deve darsi un fondamento etico. Ora possiamo tranquillamente scrivere sulle nostre bandiere: Il diritto é con noi».

Alla vigilia della seconda guerra mondiale, nella Cecoslovacchia di Masaryk e Benes c'era il problema delle minoranze nazionali, i cui diritti non sempre erano rispettati ed erano talvolta gravemente violati: di qui l'agitazione degli ungheresi, dei ruteni, soprattutto dei tedeschi, i Sudeti.

Hitler impose lo smembramento della Cecoslovacchia dicendo che andava a difendere i diritti conculcati dei Sudeti.

Nello scatenare la sua guerra di sterminio contro l'Etiopia, lo stesso Mussolini dopo aver bollato il negus Hailé Selassié come carnefice e «negriero», si atteggia a campione della causa della liberazione degli infelici schiavi vittime dell'oppressione.

In effetti, una qualche forma di schiavitú sussisteva in Etiopia, ma ben altri erano in ogni modo le finalitá imperiali che si proponeva... Che si tirano fuori solo lá dove si hanno altri interessi.

«In Kurdistan c'é stato un numero di morti infinitamente superiore a quelli registrati nei Balcani e gli USA si sono guardati bene dall'intervenire» (Kissinger, 1999). Anzi sono intervenuti e intervengono, ma per sostenere politicamente e militarmente il regime turco responsabile di orribili crimini.

E ora questo regime viene persino chiamato ad appoggiare sul piano diplomatico e logistico, domani forse anche sul piano piú direttamente militare l'ingerenza umanitaria in Jugoslavia! E che dire degli affari che quotidianamente l'Occidente, Italia non esclusa, porta a termine con autentici campioni di democrazia e diritti umani quali Suharto ieri e Wiranto oggi in Indonesia, i Talebani in Afghanistan, Savimbi in Angola, Ecevit in Turchia, Netanyahu in Israele etc.? Quello stesso Occidente che fino a ieri finanziava i Pinochet, gli Stroessner, i signori dell'apartheid.

E dov'era la passione umanitaria dell'Occidente quando si é perpetrato il genocidio in Rwanda?

Tutte le guerre innescano orrori disumani

Non esiste popolo e nazione, per evoluta che sia, che si possa dichiararsene esente.

Le nefandezze italiane in Etiopia hanno fatto giustizia del mito degli «italiani brava gente» e la barbarie americana sui poveri villaggi vietnamiti ha cancellato l'epopea dell'"arrivano i nostri».

Anche il civilissimo Giappone sta ancora facendo i conti con le piú di 100.000 donne cinesi che sequestró come carne da sfogo sessuale per le proprie truppe di invasione.

Non si puó scatenare guerre e poi piangere sulle vittime.

L'Occidente é responsabile del disastro umanitario esploso nei Balcani

Che i Balcani rappresentassero un vulcano di antiche tensioni etniche, con soprusi e violenze disseminate lungo la storia da tutte le parti in causa, era noto a tutti.

Ma vale la pena di ricordare che dopo la seconda guerra mondiale un tentativo di farle convivere era pur in atto: e per quasi 40 anni la crescita del Pil é stato in media del 6,1%, le cure sanitarie erano gratuite, con un medico ogni 550 persone, il tasso di alfabetizzazione si attestava sul 91 % e l'aspettativa di vita era di 72 anni.

L'intervento destabilizzante del Fondo Monetario Internazionale

All'affacciarsi in Jugoslavia della crisi economica indotta dalla globalizzazione il Fondo Monetario Internazionale ha iniziato il suo ruolo destabilizzante applicando brutalmente le ricette neoliberiste.

Come sempre i prestiti concessi dal fondo imponevano drastiche misure di austeritá, causando un pesante calo del tasso di crescita dell'economia.

Come contropartita, la Jugoslavia era costretta ad attuare un pacchetto di restrizione fiscale tale da obbligarla a sospendere le spese per trasferimenti alle repubbliche ed alle regioni autonome per consacrarle invece al rimborso del debito estero.

Ció contribuí a far esplodere una situazione diffusa di povertá che, indebolendo le istituzioni federali nei confronti delle singole repubbliche, ha fatto nascere pesanti tensioni tra le regioni piú ricche (Slovenia e Croazia) e le altre.

Il «peccato originale» dell'Occidente

Su queste tensioni si buttano i partiti nazionalisti etnici che, proclamandosi «anticomunisti», sono fortemente appoggiati e finanziati dall'Occidente.

Di fronte al rischi di deflagrazione della Confederazione Jugoslava, dove ormai tutte le Repubbliche erano attraversate da maggioranze e minoranze etniche, nel dicembre del 1991 i ministri degli esteri d'Europa decidono di non accettare indipendenze autoproclamate.

Nasce addirittura la commissione Badinter che definisce un codice: non si accettano indipendenze proclamate contro le minoranze interne.

Dopo solo due settimane la Germania e il Vaticano riconoscono Slovenia e Croazia, che si sono proclamate indipendenti sulla base di principi etnici, la «slovenicita» e la «croaticita». Zagabria metterá nel preambolo alla sua Costituzione che «la Croazia é la patria di tutti i croati»: dichiarando cosí «non cittadini» le minoranze serbe e mussulmane.

Gli altri paesi europei si precipiteranno a riconoscere i nuovi «stati», per non esser secondi alla Germania e indifferenti alla «moralitá» degli interessi della Chiesa cattolica.

Cosí L'Europa si é assunta la responsabilitá di fomentare, nel punto piú delicato d'Europa, i Balcani, la frammentazione etnica. Questo errore non é storicamente rimediabile. Se si riconosce il diritto a una etnia di proclamarsi stato, non é possibile negarlo ad un'altra. In tutte le repubbliche jugoslave i leader nazionalisti non aspettavano altro. I massacri e le pulizie etniche si susseguono da ogni parte.

E le potenze occidentali vi mettono mano non per tutelare i massacrati di turno ma per portare avanti il loro progetti strategici di insediamento nell'area.

All'ombra dei bombardamenti NATO per fermare il massacro di Sarajevo, i croati scatenano impunemente l'operazione «Tempesta» contro la minoranza serba in Krajna, dalla quale saranno cacciati circa 300.000 serbi: 16 mila morti e un'operazione di pulizia etnica considerata ormai come la piú rapida e grande di tutta la guerra.

Tre mesi dopo la «pace» di Dayton, nel silenzio generale, circa 120.000 serbi di Sarajevo, di cui nessuno ha mai parlato, fuggono dalla cittá in preda al terrore seminato dalle milizie musulmane.

Nessuno ricorda piú l'intrigo del Bosniagate, una triangolazione di armi con l'Iran, favorita da Bill Clinton, a favore dell'esercito musulmano-bosniaco.

Nel caso del Kossovo, si dice, si é tentato fino all'ultimo la soluzione politica. Belgrado non voluto firmare gli accordi di Rambouillet.

Mentre sembra dimenticato l'enorme contributo di lotta e di sangue dato dal popolo serbo contro il nazifascismo, l'intervento NATO viene paragonato a quello alleato a fianco dei partigiani.

Che in questo caso sarebbero l'Esercito di Liberazione del Kossovo (UÇK). L'esercito di liberazione del Kosovo (Klao UÇK) viene appoggiato come un serio movimento nazionalista che lotta per i diritti dell'etnia Albanese.

La veritá é che l'UÇK é sostenuto dalla criminalitá organizzata con la tacita approvazione degli USA e dei loro alleati.

Mentre i leaders dell'UÇK stringevano la mano del Segretario di Stato USA Madeleine Albright a Rambouillet, Europol l'organismo di polizia europea con sede a L'Aja stava «preparando un rapporto per i ministri dell'interno e della giustizia europei sul collegamento tra UÇK e gangs albanesi della droga».

Solo due mesi prima di Rambouillet, il Dipartimento di Stato USA aveva riconosciuto sulla base di rapporti degli osservatori USA il ruolo dell'UÇK nel terrorizzare e sradicare gli albanesi: «L'UÇK minaccia o rapisce chiunque abbia contatti con la polizia jugoslava, rappresentanti dell'UÇK hanno minacciato di uccidere abitanti dei villaggi, bruciare le loro case se non si uniscono all'UÇK. Le minacce dell'UÇK hanno raggiunto tale intensitá che i residenti di sei villaggi della regione di Stirnlje sono pronti ad andarsene».

Ricordate Oliver North e i Contras? Lo schema in Kosovo é simile ad altre operazioni segrete della CIA in America centrale, Haiti ed Afghanistan, dove «combattenti per la liberta» erano finanziati tramite il riciclaggio dei denaro sporco proveniente dal traffico di droga.

Dalla fine della guerra fredda, i servizi segreti occidentali hanno sviluppato complesse relazioni con il traffico illegale di narcotici. Caso dopo caso, il denaro, ripulito nel sistema bancario internazionale, ha finanziato operazioni segrete.

Secondo l'analista di questioni di «intelligence» John Whitley, l'appoggio occulto ai ribelli del Kosovo fu stabilito come impresa comune tra CIA e la tedesca Bundes Nachrichten Dienst (BND).

L'agenda nascosta di Bonn e Washington prevedeva di scatenare i movimenti nazionalisti di liberazione in Bosnia e Kosovo col fine ultimo di destabilizzare la Jugoslavia. Istruttori tedeschi, turchi e afghani avrebbero addestrato l'UÇK nella guerriglia e nella tattica di diversione.

Nelle parole di un rapporto del 1994 dei Geopolitical Drug Watch si dice: «il traffico (di droga e armi) viene giudicato in base alle sue implicazioni strategiche (in Kosovo droga e armi alimentano speranze e timori geopolitici)».

Per questo c'é stato silenzio totale da parte dei media internazionali sul traffico di armi e droga in Kosovo. La NATO sapeva benissimo che i «combattenti per la liberta» furono messi sul posto con l'obiettivo finale di destabilizzare il governo di Belgrado e di ricolonizzare completamente i Balcani.

Si spiega cosí l'irresistibile ascesa dell'UÇK: «siamo di fronte al primo caso nella storia di un piccolo e sconosciuto gruppo di ribelli che in un solo anno di lotta é stato capace di sedere a un tavolo di trattative della comunitá internazionale» (Monici, 1999).

Solo due mesi prima della guerra, Dini dichiarava: «Mentre Belgrado rispetta gli accordi firmati con il mediatore americano Holbrooke, la guerriglia dell'UÇK ha sfruttato il ritiro delle milizie serbe [sotto gli occhi degli osservatori Osce, ndr] per tornare nelle campagne, rientrare nelle cittá e guadagnare cosí terreno, anche grazie alle armi che passano attraverso l'Albania. L'UÇK si illude se spera di fomentare la guerra per spingere la NATO all'attacco contro la Serbia» (Il Manifesto 16.1.1999)

L'albanese George Tenet a capo della CIA

La CIA, fondata nel 1947, in questi cinquant'anni si é specializzata in assassinii politici e nel rovesciamento dei governi considerati ostili agli interessi americani. Il governo degli Stati Uniti nel solo 1998 ha stanziato 26 miliardi e settecento milioni di dollari (50.000 miliardi di lire) per le sporche attivitá della CIA.

Nel marzo 1997 viene scartata la candidatura di Anthony Lake alla direzione della CIA e viene assegnata a George Tenet, 46 anni, originario della Albania meridionale. Il padre é nato nella cittadina di Himara (vicino a Valona) da dove emigró in giovane etá per la Grecia.

«Tenet ha ancora in Albania alcuni parenti». Durante l'insurrezione albanese di due anni fa «Tenet sarebbe stato almeno quattro volte in Albania», come denunció l'allora «responsabile dei servizi segreti albanesi Bashkim Gazidede» Tenet «é uno che ha sempre svolto il compito di agente di collegamento fra il mondo dello spionaggio e quello politico... essendo stato direttore del Comitato senatoriale per lo spionaggio» (La Stampa, 23-3-97).

Lo speculatore Soros Soros é uno degli uomini piú ricchi del mondo ed é il capo degli speculatori di borsa. Nel 1992 le sue mega-speculazioni hanno fatto saltare il cambio della lira e della sterlina, e solo in quella occasione rubó un «guadagno» di un milione di dollari. «Soros é un delinquente. Basta un cretino come lui che arriva con un sacco di soldi per speculare e se ne vanno in fumo 40 anni di lavoro per rafforzare le nostre economie», disse nel '97 il primo ministro malese dopo il crollo dei paesi del Sud-Est asiatico. (Il Sole 24 ore, 26-8-97).

Ad agosto '98 Soros ha avuto grosse perdite nel crollo della borsa di Mosca, dove aveva investito 2,5 miliardi di dollari. Dopo questo crack, si é moltiplicato l'attivismo «politico» di Soros: ora é il principale consulente del Fondo Monetario e di Clinton e fa parte di un ristretto «comitato dicrisi» sulla guerra contro la Jugoslavia.

Soros da alcuni anni é presente in Albania con i suoi miliardi di dollari con l'obiettivo di «liberare i Balcani».

«L'UÇK ha uno dei suoi punti di riferimento in Veton Surroi. Surroi fa parte del circolo albanese finanziato dal miliardario Soros. A Tirana dicono che alla Dardania Bank é arrivato un milione di dollari (1.700 miliardi di lire) per finanziare la guerriglia». (Il Sole 24 ore, 10-6-98).

Soros ha anche «sponsorizzato un Tribunale internazionale permanente per giudicare i crimini contro l'umanitá, promosso dal commissario europeo Emma Bonino» (Il Sole 24 ore, 7-2-98).

Presenze poco umanitarie
Il dramma dei profughi del Kossovo e gli orrori che lí vi avvengono non possono essere giustificati. Ma chi ha scatenato questa sporca guerra li ha messi cinicamente in conto come arma da godere per ottenere il consenso di massa.

E non si puó dimenticare che coi massacri ci sanno giocare: Per screditare Ceausescu, nel 1989 vennero mostrati a tutto il mondo le vittime del massacro perpetrato dalla «Securitate» a Timsoara in Romania. Solo mesi piú tardi si venne a sapere che la scenografia era stata creata artificialmente riesumando i corpi del vicino cimitero e mettendoli suo tavolacci dell'obitorio.

Per appassionare l'opinione pubblica all'intervento armato in Irak, nel 1990 furono mostrate le immagini di un videoamatore che ritraeva i cingolati irakeni che entravano in Kuwait City. Quelle immagini erano state girate in studi cinematografici USA a scopo propagandistico.

Alcuni funzionari croati hanno ammesso che nel 1993 essi stessi avevano inscenato un «bombardamento serbo» della cittá costiera di Sibenik a beneficio della televisione locale.

A sostegno della finalitá umanitaria di questa guerra si dice in giro che in questa guerra Stati Uniti e Europa non hanno interessi economici da difendere.

Basta questo articolo de Il Sole 24 ore (gente che se ne intende) per chiarire le idee.

Il Sole 24 ore

Mercoledí 21 Aprile 1999

UN CRIMINE CONTRO L'UMANITÁ

Tutto ció che esiste sul territorio Jugoslavo é ormai diventato obiettivo militare. In 40 giorni di forsennati bombardamenti nessuno é ancora in grado di quantificare i morti e i feriti tra la popolazione civile.

I numeri ci verranno forniti a massacro ultimato.

Ma sappiamo giá che centinaia di fabbriche, ponti, abitazioni, ferrovie, sistemi di telecomunicazioni, centrali elettriche, acquedotti sono ormai stati rasi al suolo.

Centinaia di migliaia di famiglie sono ridotte alla miseria e sono sempre piú azzerate le strutture di sostegno di ogni convivenza umana.

Raffinerie e fabbriche chimiche devastate stanno disperdendo nel suolo e nell'aria veleni che seminano morte in un'area sempre piú vasta.

L'uso illegale di bombe all'uranio impoverito contaminerá intere generazioni.

L'uranio 238, detto «impoverito», (DU- depleted uranium), é lo scarto delle centrali nucleari e delle bombe atomiche.

Un residuo da tenere nei magazzini, che non serve a niente.

Ma le fertili menti degli ingegneri non si fermano mai.

L'uranio é un metallo pesante, oltre una volta e mezzo piú pesante del piombo, oltre due volte piú pesante dell'acciaio, e, se finemente suddiviso, si infiamma spontaneamente.

Perché tenere nei magazzini l'uranio impoverito, quando le sue proprietá potrebbero consentirne l'utile impiego nei proiettili dei cannoni o dei missili? Le sue caratteristiche fisiche sembrano ideali per aumentare la penetrazione dei proiettili, in modo da sfondare meglio le corazze di acciaio dei carri armati e gli edifici blindati e anzi, se l'uranio si polverizza nell'impatto contro la struttura del nemico il fatto che si incendi spontaneamente ne facilita, l'effetto distruttivo.

Cosí il «metallo del disonore» é entrato, alla fine degli anni ottanta, negli arsenali americani e dei loro alleati. La prova su larga scala dell'efficacia del DU, si é avuta nel 1991, durante la guerra del Golfo. Ne sono state usate circa 600 tonnellate.

I soldati americani non sono stati avvertiti dei pericoli a cui sonostati esposti e vari reduci, si calcola circa centomila, hanno manifestato malattie (la sindrome del Golfo) attribuibili all'esposizione all'uranio impoverito impiegato in guerra dai loro stessi generali. Simili malattie sono state osservate e denunciate nella popolazione civile dell'Irak meridionale dopo il 1991.

Proiettili all'uranio impoverito sono stati anche usati in Bosnia nel 1995. I terreni contaminati da polvere di uranio impoverito restano tossici e radioattivi per secoli.

La Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite ha condannato l'uso di queste armi nella sessione dell'agosto 1996 e ha chiesto (risoluzione 1997/36) al Segretario generale un'inchiesta che riconosca che i proiettili all'uranio impoverito sono armi di distruzione di massa, con effetto indiscriminato, vietate dalle convenzioni internazionali e in particolare da quella dell'Aja del 1899, di cui quest'anno si celebra il centenario.

E, ironicamente, proprio nel centenario di tale convenzione, ispirata a risparmiare sofferenze alle popolazioni civili, la NATO ha usato proiettili all'uranio impoverito in Serbia e Kosovo.

Giorgio Nebbia

Mentre a noi cacciano le balle umanitarie a casa loro parlano chiaro

New York Times

28 marzo 1999

Thomas Friedman, consigliere di Madeleine Albright.

Samir Amin

Washington sa che, senza la sua egemonia militare, l'America non puó costringere il mondo a finanziare il suo deficit di risparmio, condizione essenziale per il mantenimento artificiale della propria posizione economica.

Lo strumento per imporre questa egemonia é dunque militare.

Il principale strumento al servizio della strategia di Washington é la NATO, ossia la sua capacitá di sopravvivere al collasso dell'avversario che era la sua ragion d'essere.

Nei dibattiti negli USA sulla strategia globale i diritti umani o alla democrazia sono invocati solo quando tornano utili per il funzionamento della stessa strategia globale. Lo scopo dichiarato della strategia americana é non tollerare l'esistenza di alcun potere in grado di resistere agli ordini di Washington, e di conseguenza smantellare tutti quei paesi considerati «troppo grandi» e allo stesso tempo creare il maggior numero possibile di stati-pedina, facile preda per l'insediamento di basi americani che ne garantiscano la «protezione».

Solo uno stato ha il diritto di essere «grande»: gli Stati uniti. Il metodo praticato, tuttavia, non si limita a brandire il randello e manipolare i media.

Prova a chiudere i popoli in alternative immediate e inaccettabili: piegarsi all'oppressore, sparire, mettersi sotto il protettorato USA. Perché questo accada, é necessario stendere un velo di silenzio sulle politiche che hanno creato la tragedia.

L'allineamento con la strategia degli USA e della subalterna NATO ha conseguenze drammatiche. La forza é eretta a principio supremo, a totale detrimento del diritto internazionale, al quale il discorso dominante ha sostituito un singolare «diritto di intervento», che fastidiosamente ricorda la «missione civilizzatrice» dell'imperialismo del 19mo secolo.

Ogni lotta per una vera democrazia non é separabile da quella contro l'egemonia di Washington.


From: sdv <sdivita@neomedia.it>
Date: Mon, 10 May 1999
To: diritti@peacelink.it (Multiple recipients of Diritti Umani)


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Lorenzo Peña eroj@eroj.org

Director de ESPAÑA ROJA

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